Festival al femminile: riflessioni e domande
Ritrovare la capacità di ascoltare l’altro con la mente e con il cuore, riflettere sulla propria condizione, accogliere l’esperienza altrui….
L’esperienza del festival mi ha spinto a riflettere sulla natura comune degli eventi che l’hanno caratterizzato e, inoltre, ha sollevato alcune domande: l’osservazione della realtà deve essere sempre interpretata dal/ al maschile o dal/al femminile? Non è fuorviante rispetto all’esperienza individuale che si alimenta di elementi che hanno altre qualità? Possiamo declinare i moti dell’anima umana attribuendole un genere?
La performance di Francesca, il recital di Tamar ed Elda, il dialogo teatrale di Magipantus, la presentazione di Mathias, i laboratori, hanno un valore in quanto testimonianza di vite vissute, legate dalla volontà di raccontarsi e di condividere il tempo e lo spazio con chi li ascolta che, a sua volta, risponde con la propria esperienza attraverso un meccanismo virtuoso che ci rende partecipi di un unico destino.
Che cosa ho provato durante gli eventi? Ritrovare la capacità di ascoltare l’altro con la mente e con il cuore, riflettere sulla propria condizione, accogliere l’esperienza altrui come fonte di ricchezza per la propria crescita, rendere disponibili le proprie competenze, liberare l’energia e donarla alla collettività. Tutto ciò, senza nulla chiedere in cambio se non la volontà di partecipare a questo grande gioco collettivo rappresentato dalla nostra esistenza. Questo è il senso che ho colto nella partecipazione al festival.
Potrei parlare a lungo di ciascun evento ma avverto il rischio di una cronaca fredda o, al contrario, enfatica, per sottolineare le emozioni e i messaggi che hanno lasciato traccia dentro di me. Non intendo farlo perché le emozioni non si possono raccontare, si devono VIVERE.
Ciò che rimane saldamente ancorato al mio corpo e nei luoghi più profondi della mia persona è tanta gratitudine alle donne e agli uomini che, grazie a questa iniziativa, hanno contribuito a colmare gli spazi vuoti del nostro vivere quotidiano.
Aggiungo una considerazione proprio per non eludere le domande che insistono sulla questione di genere.
Le performances e le attività realizzate nella totalità dei casi da donne, ad eccezione dell’intervento di Mathias, hanno un valore proprio specifico perché interpretate da donne? Non ho dubbi nel rispondere affermativamente a questa domanda.
La ragione sta proprio nell’attitudine femminile ad aprirsi di più rispetto a quanto fanno gli uomini e a non provare vergogna mettendo a nudo se stesse. Perché succede questo insieme a tante altre cose nella diversità uomo/donna? Le ragioni non sono di natura biologica ma sono frutto di un processo storico e culturale che ci ha reso donne o uomini a partire dalla nostra condizione biologica di maschi o femmine. Come si può immaginare, il tema è molto articolato e richiederebbe vari contributi di competenze oltre che maggior tempo. Qualora se ne sentisse la necessità, potrebbe essere l’occasione per costruire momenti di approfondimento.
Rimane un’ultima domanda: come uscire dalla logica degli steccati e provare a rimuovere quegli ostacoli che impediscono una reale collaborazione tra le due entità apposte e complementari (Yin e Yang, maschile e femminile) che costituiscono l’unità dell’individuo? Non ho una risposta.
E’ certo che, sempre più frequentemente, avvertiamo la sensazione di una scissione profonda nel nostro essere e della necessità di riappropriarci di questa unità perduta. Non rimane che affrontare un percorso lungo e avventuroso che ci deve coinvolgere individualmente e collettivamente. Potremmo applicare, partendo dalla nostra condizione di uomini e donne, la ricetta proposta da Magipantus e alimentarci quotidianamente di quei preziosi ingredienti per affrontare questo viaggio alla ricerca di un’armonia perduta.
Giuseppe
Casa dell’Ecologia Umana
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