Vedi, caro amico, ……

di Francesca Bertoni

Dopo più di una settimana che sono a casa (disposizioni dell’azienda per colleghi immunodepressi) mi collego via Skype a una videoconferenza con il capo e gli altri colleghi.

La parete viola alle mie spalle aumenta il senso di “scollamento” dai mie colleghi, dai mobiletti pannagrigia che la telecamera riprende nell’inquadratura assieme ai loro visi – visi cari, visi mancati, in un sentimento tutto nuovo mai provato prima.

E’ un mattino di un qualunque giorno feriale, e mi trovo senza nulla da fare, decido di fare allora una passeggiata in giro per la città assieme ad una amica che non vedo da tanto.

Come la vedo faccio per avvicinarmi per darle – come sempre – un bacio, ma lei si ritira con un movimento gentile e lento, con un sorriso che non sa di sorriso “non possiamo avvicinarci, Berty” mi dice triste. Sorrido anche io, tornando un poco eretta, con un sorriso che non sa di sorriso.

Passeggiamo, una di fianco all’altra, ci guardiamo, parliamo, e senza toccarci siamo insieme.

Insieme per le strade di questa città che mi avevano descritto come semideserta, ma oggi le strade sono piene – davvero – di bambini e nonni e anche qualche genitore, e sono bimbetti felici, mano nella mano con chi li accudisce fuori dalle scuole chiuse.

Quando mi congedo dalla mia amica (i nostri corpi fermi in un imbarazzo di abitudine frustrata – il nostro abbracciarci – solo la mano che sventola silenziosa a dirci “a presto”) sento forte il bisogno di andare verso il mare.

C’è il sole, un poco di vento ma non da fastidio, c’è gente in spiaggia, cani bambini giovani anziani, ci sono persone che leggono sulle panchine esposte al sole –

e ci sono io.

Allora per la prima volta, dopo giorni, percepisco il mio respiro, l’aria fresca e salmastra che entra/ che esce dal naso, un senso di vita che si spande dentro ai polmoni, lo smarrimento del cambiamento e della minaccia che esce dalle narici, e così per molte volte:

inspiro

espiro

La Vita non si ferma, è tutta qui, con me, in quest’istante, in mezzo a questo essere di uomini fragili e forti allo stesso tempo, in mezzo a vocine bambine, a cani che giocano nell’acqua, tra “i sacchi di sabbia vicino alla finestra” delle nostre paure e gli allarmi dei tiggì e i morti e gli infettati e le guerre fuori e dentro ciascuno….

Tornando a casa, dopo, canticchiavo.

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