L’apprezzamento è la base della vera prosperità

di Debora Grazia

“Strani giorni, viviamo strani giorni”, cantava Battiato. Mi sembra di vivere strani giorni. Tempi dilatati, confusione nell’individuare con chiarezza il problema e di conseguenza, nell’avere una prospettiva sul come ne usciremo. Distanza dalle persone che amiamo e invasività di comunicazione e di offerte di intrattenimento tramite i media.

E poi un’immensa tristezza per chi sta male o addirittura muore solo. Pensiero che stride con la dimensione quotidiana che sto vivendo: io sto bene a casa. Improvvisamente mi sono trovata a non dovere più correre, a non dover scandire la mia giornata con orari e incombenze improrogabili, ad avere tempo per vivere la mia casa, per stare con la mia famiglia trovando nuovi modi di stare insieme, per ascoltare il silenzio della città. Ho la fortuna di avere un ampio terrazzo dove godere del sole, del cielo, dell’aria, per fare ginnastica tutti insieme.

Secondo la Kabbalah, antica sapienza mistica, l’apprezzamento è la base della vera prosperità,  insieme alla consapevolezza che quello che abbiamo oggi non è detto che ci sarà domani. E’ la consapevolezza di chi è sopravvissuto a un disastro e che ha sperimentato cosa significa poter perdere tutto, anche la propria vita e allora apprezza e prova gioia profonda per quello che ha, fosse anche solo la capacità di respirare, muoversi, sentirsi parte della natura. Anche se non è un concetto difficile da comprendere, più difficile è mantenerlo vivo perché è parte della natura umana, appena scampato il pericolo, ritornare ai propri piccoli egoistici desideri. Mantenere la consapevolezza di apprezzamento è dunque un lavoro costante, che richiede le stesse cure che potremmo dedicare a far crescere una piantina. Il timore che qualcuno della mia famiglia avesse potuto contrarre il virus nei primi giorni di quarantena mi ha fatto apprezzare quello che ho, a partire dalle relazioni e ha fatto crescere in me il desiderio averne cura,  poi passato il primo momento, il rischio è di cominciare a provare noia e di sentire la  mancanza di altro. Cosa normalissima.

Grazie agli studi kabbalistici ho imparato anche che l’apprezzamento non è li per spegnere il desiderio, anzi. Le prime volte che approcciavo questo concetto non capivo: se io apprezzo veramente quello che ho poi non mi serve altro. Eppure senza il desiderio l’uomo non può ricevere nessuna forma di appagamento. Il desiderio è il motore della vita. Anche il desiderio va curato, forse prima è una sola piantina, poi può diventare un grande giardino da curare. Desiderio di cosa? Ognuno ha i suoi desideri, comunque, a ben guardare, il desiderio che dà vero appagamento è quello che ci consente di portare il nostro contributo a rendere la nostra realtà e il mondo in generale, meglio di come era prima. Non esistono scale di misura: lo si può fare con atti creativi, cucinando, curando un giardino, progettando un ponte o educando i figli. Comunque sia è qualcosa che facciamo con amore, mettendo un po’ di noi per amore.

Questo periodo, nel silenzio del mio terrazzo, mi sono accorta che ho l’occasione di discernere meglio da dove vengono i miei desideri: se vengono dall’anima quindi mi porteranno appagamento duraturo, se sono desideri di ricevere allo scopo di condividere, o dall’ego (desideri fini a sé stessi) e quindi mi daranno un fugace piacere per poi lasciarmi più vuota di prima.  Se sono veri o sono indotti dall’idea di non perdere delle opportunità.

In questa opera di discernimento, mi sono accorta che una delle cose che desidero tanto in questo momento è tornare a vivere momenti di gioia e di condivisione alla Casa dell’Ecologia Umana. Desidero profondamente poter vivere momenti di scambio con altre persone in cammino in un contesto che avvolge e che libera allo stesso tempo. Che ti fa sentire a tuo agio ma che ti stimola facendoti portare a casa un’energia in più per fare la tua parte nel gioco della vita. Desidero esserci fisicamente, respirare l’aria, percepire e vivere l’energia del luogo e del gruppo e godere dell’incontro con altre persone.

In questo momento in cui non è possibile esserci fisicamente metto tutta me stessa per  poter tenere vivo il desiderio con la meditazione. Allora mi siedo, respiro profondamente e immagino, dentro di me,  all’altezza dell’ombelico, la fiamma di una candela che piano piano irradia ogni parte del mio corpo diffondendo pace e gioia profonda. Allora immagino di non essere sola e mi sento collegata al mondo, al respiro del mondo. Mi immagino seduta tra gli alberi della Casa con Marina, Mario e tanti amici in ricerca. Insieme viviamo questo senso di appartenenza a qualcosa di immensamente grande, immensamente felice, immensamente vivo.

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