L’impossibilità di essere normale
di Giuseppe Mezzino
C’è un gran fermento nella ricerca della ‘normalità’ dopo questo strano periodo dove ognuno di noi ha potuto sperimentare un cambiamento radicale delle proprie abitudini. Eppure, questa ricerca della ‘normalità’ nelle nostre pratiche di vita quotidiana, ha suscitato molti interrogativi. Qualcuno ha sollevato la domanda se non fosse stata proprio la normalità, la causa della terribile situazione vissuta dalla quale non siamo ancora usciti e che ci accompagnerà per un bel pezzo di strada.
L’emergenza vissuta ci ha messo di fronte ad una condizione particolare per le persone che godono di ‘libertà’: una dilatazione del tempo da trascorrere in uno spazio limitato (le mura di casa). Sulla fruizione del tempo è emersa un’inquietante verità: è più facile vivere in un mondo dove i ritmi della nostra vita quotidiana sono scanditi dai doveri ai quali, malvolentieri, ubbidiamo piuttosto che disporre, in modo ampio e libero, di tale preziosissima risorsa.
Abbiamo sempre lamentato la sua scarsità in momenti ‘normali’ e quando abbiamo avuto l’opportunità di usarlo a nostra discrezione, ci siamo trovati in difficoltà. Che cosa si è inceppato nella capacità di immaginare un modo diverso di trascorrere le nostre giornate rispetto al ritmo consueto, magari sperimentando nuove attività che dessero maggior senso e gratificazione alla nostra esistenza, seppure in uno spazio limitato? Perché sentiamo la minaccia provenire da questi ‘imprevedibili eventi’ e non intravediamo in essi, invece, delle opportunità uniche?
Osserviamo il nostro intorno ed il nostro interno e proviamo a capire cosa è cambiato nelle nostre percezioni, cosa è entrato in crisi nel rapporto con noi stessi e nelle relazioni con gli altri. Ciò che per la maggior parte di noi era imprevedibile, è accaduto. Non credo si possa essere considerati profeti di sventura se mettessimo in conto il verificarsi di altri ‘imprevedibili eventi’. Sforziamoci di comprendere i legami esistenti tra l’evento traumatico e le condizioni generali del sistema nel quale esso è avvenuto.
La globalizzazione dei processi che regolano la vita degli abitanti del nostro pianeta ha potenziato enormemente le conseguenze di un fenomeno noto come “effetto farfalla”. Tale metafora indica che un semplice movimento di molecole d’aria generato dal battito d’ali dell’insetto in un determinato luogo possa causare una catena di movimenti di altre molecole fino a scatenare un uragano in un altro luogo molto distante. Studiosi provenienti da discipline diverse mettono in relazione i cambiamenti causati dai sistemi economici e produttivi progettati dall’uomo (deforestazione, allevamenti intensivi, invasività della presenza umana nei luoghi deputati a restare protetti) con quanto accaduto nel caso del COVID 19 (il salto di specie del virus dalla specie animale all’uomo). Per queste ragioni è paradossale che proprio il tema cambiamento climatico sia stato messo in sordina dalla concentrazione di notizie sullo sviluppo della pandemia che, difatti, ne è un prodotto.
L’argomento clima da “evento emergenziale” si deve trasformare in punto all’ordine del giorno da parte di movimenti di persone, istituzioni nazionali ed organizzazioni internazionali. Il cambiamento climatico ci ha messo di fronte ad una grande responsabilità collettiva: il prezzo del benessere pagato con l’uso irragionevole e senza limiti delle risorse del pianeta. A ciò si aggiunga il divario spaventoso tra le buoni condizioni di vita di una minoranza della popolazione mondiale e quelle insufficienti di un’ampia maggioranza della restante; il più grande crimine mai realizzato dall’umanità su sé stessa.
Conosciamo, ormai, troppo bene le possibili conseguenze se non si pone uno stop alle emissioni di CO2 e contemporaneamente non si attuano forti politiche di trasformazione in campo energetico, sociale ed economico. Se non operiamo in tale direzione, trovo del tutto fuori luogo, parlare di ‘imprevedibilità’ a fronte di eventi catastrofici. Non sappiamo quando accadranno ma siamo assolutamente consapevoli che avverranno.
Oggi, ognuno di noi è chiamato a ripensare alle proprie abitudini di vita, alle piccole azioni quotidiane nelle quali la ‘normalità’ si dovrebbe misurare nella capacità di usare consapevolmente e responsabilmente le risorse disponibili. Riconsideriamo l’uso dell’acqua, del cibo, dell’energia nelle nostre case, dei trasporti nei movimenti giornalieri e misuriamo l’impatto che tali scelte producono nella nostra coscienza e nelle relazioni con gli altri.
Sentiamoci protagonisti attivi di un cambiamento profondo avvertendo l’impossibilità di vivere nella ‘normalità’ nell’accezione che abbiamo dato a questo termine fino ad oggi.