La verità che fa male

di Gilberto Ugolini

Vorrei qui, oggi, raccontare una storia per condividere una scelta che, giusta o sbagliata che sia stata, è stata fatta per il bene di una persona.

Questo racconto parla di un uomo anziano, che ha superato da un po’ i 90 anni, e che nella sua vita ne ha passate tante, dalla seconda Guerra Mondiale in poi, e si è ritrovato recentemente ad affrontare una pandemia particolarmente insidiosa, tanto da poterla definire “storica” per le conseguenze sulla vita di ognuno. Quest’uomo nel suo quotidiano era abituato a passare intere giornate a leggere il giornale, e all’inizio della pandemia questo lo stava portando verso uno stato emotivo negativo, di ansia, di sofferenza per le tragiche notizie che quotidianamente i giornali fornivano a lui e agli altri lettori.

Di fronte a questa situazione, che potenzialmente stava mettendo a rischio la salute psichica di quest’uomo (e di conseguenza quella fisica, perché sempre più scienziati dicono che lo stress e la depressione abbassano le difese immunitarie), uno dei suoi figli prese una decisione drastica: far sparire tutti i giornali. Avrebbe detto che le edicole erano chiuse e i giornalisti erano in sciopero; poi, d’accordo con le badanti, avrebbe impedito a questo anziano di ascoltare i notiziari in televisione, ed evitato tutti i programmi in cui si parlava del virus, cambiando ogni volta canale. Come avrebbe sostituito la lettura dei giornali? Con i cruciverba della Settimana Enigmistica, e le riviste di archeologia, ripescate per l’occasione dalla cantina di casa.

Così fece: passarono settimane, mesi, e il protagonista di questo racconto viveva nell’ignoranza, o perlomeno nella inconsapevolezza, e se desiderava uscire all’aperto gli veniva detto che poteva farlo, nel giardino di casa.

Arrivò poi la fase 2, e la possibilità di uscire per strada con di guanti e mascherine: quest’uomo, dopo mesi di clausura forzata, finalmente mise il naso fuori della porta della sua abitazione e si rese conto che praticamente TUTTI indossavano una mascherina. “Cosa è successo?” chiede sbigottito al figlio, che a quel punto non potè più barare. Di fronte alla verità del virus, così inattesa e sconvolgente, l’anziano signore si rese conto con emozione di una verità ancora più grande e, con voce rotta dalla commozione, esclamò: “hai fatto tutto questo per me?”.

Passarono altri giorni, l’anziano signore riprese a leggere il giornale, ma ormai le notizie parlavano di guariti e di calo drastico dei contagi; l’uomo chiese delucidazioni sul virus: “ma cos’è questo COVID-19?” e il figlio, per minimizzare, rispose “Niente, un acronimo… credo che significhi più o meno Case Occupate Virtualmente In Due”; a quel punto l’uomo, un po’ sconcertato continuò: “e il numero 19?”, e la risposta, immediata, secondo una logica ferrea, fu: “il codice catastale delle case…”. Tutto si concluse in una risata liberatoria.

Chi sono i protagonisti di questa storia?

Non ha importanza, potrebbe essere chiunque in qualunque posto; ciò che è importante è che a volte bisognerebbe provare a porsi questa domanda: qual è il nostro dovere nei confronti dei soggetti più deboli? Proteggerli dalla verità, che può far male, o informarli ad ogni costo? A volte, per il benessere delle persone a cui teniamo di più, bisogna fare delle scelte, che solo a posteriori poi si possono rivelare quelle giuste. E anche le piccole bugie, se dette con creatività, possono regalare un sorriso e alleggerire il peso della vita quotidiana.

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3 Commenti Hide Comments

Grazie Gilberto per il tuo racconto, proprio durante il lock down ho affrontato le settimane finali della mia seconda gravidanza e come il protagonista del tuo racconto anche io ho deciso di tutelare il bimbo che portavo in grembo e mio figlio Francesco evitando il più possibile l’esposizione al bombardamento di informazioni.
Le considerazioni sono state le stesse, tutelare i più deboli e chi non possiede (forse) gli strumenti per gestire quella che un paio di articoli fa chiamavi giustamente Infodemia.

Il mondo è una unica comunità e dovremmo preoccuparci l’uno dell’altro. Grazie Gilberto per averlo ricordato.

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