Di: redazione1
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La parola Invisibile
di Lucia Cesarini
I gruppi di studio alla Casa dell’Ecologia Umana, nel fare memoria, permettono continuità ad un percorso individuale dove, insieme, si fa spazio il sentire, la riflessione, la meditazione, il movimento.
Così è stato per me. E’ anche grazie a questa esperienza che ho ripercorso le parole di Johnny Dotti che, dopo due mesi, sento ancora vive.
Nella ritmata narrazione del suo pensiero, una chiamata mi aveva destato:
“... uomini e donne che mettano al mondo qualcosa di altro, non con la pretesa di cambiare il sistema ma con la presunzione che il sistema riconosca questa alternativa, quindi c’è una lotta da fare” ci ha esortato Dotti sul finire, guardandoci negli occhi.
Ci ha convocati ad ascoltare la provocazione della realtà, “e non basta” ha continuato lui “bisogna imparare a invocare, a rapportarci con l’invisibile, ad esporre la propria preghiera, la propria precarietà a sé stessi, all’Invisibile e agli altri”.
Qui la mente, la lucidità e la chiarezza, preparata dal calore dell’intuizione e dallo sguardo gettato sull’esperienza e sul mondo della natura non si scindono, hanno il tempo di rimanere un tutt’uno.
Johnny Dotti disegna la parola Speranza in uno spazio, quasi materiale, in cui entra anche chi ascolta nel suo fluire, ha il potere di dissolvere un prima e un dopo. Tutto viene rappresentato come se si svolgesse nello stesso tempo e sullo stesso spazio: non si percepiscono l’inizio e la fine, tutto accade ora, e ritrovo il senso della chiamata alla lotta.
Non possiamo liberarci degli abiti, delle soffitte e delle cantine delle nostre case, del carrello e degli interruttori, non c’è tempo per aspettare che la terra a suo tempo dia il frutto del lavoro dell’uomo ma possiamo, convocati dalla speranza, prendere la realtà su di noi, liberando la parola dall’usura in cui versa nel chiasso di mille messaggi.
Tornasse, la parola, ad essere immagine del nostro pensiero, torneremmo a fidarci della parola data all’altro, di quella che il divino dalle origini continuamente ci consegna, restituiremmo la voce a quella sussurrata nelle preghiere e quella invisibile degli alberi, si sottrarrebbe dall’essere consegnata al buio dell’incertezza, perché come noi anche la natura non ha più il suo spazio e il suo tempo.
Il suono della parola data senza prova autentica e scritta può divenire eredità invisibile di quanto di maturo e prezioso è da mantenere nel tempo della realtà. Il tempo della parola recuperata risponderà alla preghiera del futuro, darà forma alla comunità che essa stessa crea quando diventa corale e si fa immagine dell’agire.
Consegneremo insieme al di là del nostro confine la parola invisibile e diventerà già realtà.