IN CENTRO

di Daniela Pavoletti

Dal 12 al 14 luglio, alla Casa dell’Ecologia umana, si è tenuto il secondo Festival dell’Invisibile. L’appuntamento scandisce il mio calendario personale come momento di sosta: tutto intorno corre ma io scelgo di fermarmi, di tuffarmi nel senso delle cose e di incontrarMI con pazienza e coraggio.
A conclusione dei tre giorni di esperienze e incontri mi sono sentita “al centro”, posizione ambivalente, che da una parte mi dota di potere e possibilità ma dall’altra mi carica di una responsabilità corposa, alla quale è difficile sfuggire.

La dott.ssa Fiorella Belpoggi incarna una storia di libertà e di risposta autentica alla propria vocazione. Durante l’incontro ha agito attraverso la parola, condividendo conoscenze ed emozioni. Ascoltandola sono giunte a me due domande: qual è la mia missione? Come cerco la verità?
Non sono sicura di avere risposte inossidabili, sento che le due risposte si chiamano a vicenda: non posso riconoscere la mia missione, il mio “posto nel mondo” se non riconosco ciò che è VERO ma vale anche il contrario. Nella mia esperienza mi sforzo di vivere un movimento continuo fra la conoscenza di quello che accade nella realtà, piccola o grande che sia, e quello che accade dentro di me, nei pensieri e nelle emozioni. Sono consapevole del fatto che conoscere la realtà è impresa ardua, che a seconda delle fonti a cui si attinge il quadro ha contorni molto diversi, so anche che quello che accade in me è continuamente in movimento ma non ho trovato soluzione migliore, non ho trovato altra possibilità per sentirmi viva e coerente con il mio compito di essere umano.

L’intervento di Leonardo sull’evoluzione della Scienza e della Fisica e l’intervento del dott. Manfuso sulla Medicina hanno rinnovato in me la consapevolezza che la conoscenza umana è mutabile e i nuovi orizzonti a cui è giunta chiedono all’uomo un atto di coraggio affinché si produca nella vita umana un cambiamento inevitabile e necessario. La domanda che mi è venuta incontro è: come sto agendo per “collassare” possibilità rivolte al bene?
Le pochissime cose che ho capito sulla fisica quantistica hanno a che vedere con il concetto di vuoto dentro la materia, con la possibilità infinita legata alla struttura della materia e con la funzione dell’osservatore che può far collassare nel qui e ora questa infinita possibilità. Una chiave di lettura della realtà per me rivoluzionaria che ha allargato l’orizzonte del mio pensiero e delle mie connessioni con ciò che esiste. Ho sentito l’attribuzione di un potere che mi fa sentire libera ma che mi impone di agire in modo responsabile, mi impone di faticare affinché io agisca per il bene, nutra la bellezza e macini il dolore, l’ombra e i vari oppositori, attraversandoli e trasformandoli.

Durante il terzo pomeriggio ho partecipato al laboratorio di Romina Tassinari e poi all’incontro con Serena e Mario. Il laboratorio era centrato sull’arte e la natura; è stata un’esperienza piena, ho apprezzato il lasciarmi guidare, le poche parole, la musica e i colori; il lavoro ha saputo mescolare la dimensione personale e di gruppo: un’esperienza di ascolto, di azione e di creazione. Serena e Mario, parlandoci di Bach e dei suoi fiori hanno concluso il percorso portandoci dentro la dimensione spirituale; hanno testimoniato una passione e raccontato la storia di un uomo che ha contribuito a cambiare l’idea di salute.

Ed ecco nuove domande: quanto tempo mi concedo per creare? Come vivo la mia spiritualità?
A volte mi convinco del fatto che la creatività stia anche nel risolvere un problema concreto, nel gestire un conflitto, nell’organizzare qualcosa; domenica ho capito che può, e forse deve, essere qualcosa di più. Osservare la natura, usare i colori, disegnare e contemplare hanno creato dentro di me uno scambio simultaneo, un dare/avere immediato e molto ricco di benefici, ho vissuto uno scambio generoso e gratuito, ho agito libera e sono stata bene.

Nella vita quotidiana questo spazio di libertà e di spiritualità è occasionale, non continuativo. Mi piace pensare che il mio stare bene possa contribuire a costruire uno stare bene comune, per questo sento un richiamo forte ad essere più fedele a questo compito.

In questo tempo le interferenze interne ed esterne sono molteplici e gli ostacoli nel riconoscere e realizzare la mia missione a volte mi sembrano insormontabili ma quando mi chiedo “Come ti fa sentire rinunciare alla fatica del bene?” la risposta è sempre la stessa: meglio un percorso imperfetto che cedere al nulla, meglio continuare a cadere cercando la bellezza  che accontentarsi di uno sguardo univoco sulla vita e sul suo svolgersi.

 

 

 

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